giovedì 24 aprile 2014

Sognami

Si vede tutto da un altra prospettiva, da in cima a un palazzo: vedi tutto il mondo al di sotto di te, ai tuoi piedi, e senti l'aria gelida insinuarsi dentro i tuoi vestiti a contatto con la pelle... E sai che non è quello che ti fa sentire i brividi. Mi domando se il salto nel vuoto lo devo fare o se è meglio evitare. Perché dovrei buttarmi? Mica voglio farmi male, non sono così stupido... Però... Come dire... E se effettivamente avessi bisogno solo di una follia? E se non fosse solo una sensazione questo senso di onnipotenza? E se la paura mi impedisse di diventare colui che cambierà il destino di tutto il genere umano? Bevo un altro sorso di whiskey, che ormai è anche quasi finito. Guardo di nuovo in basso e vedo il traffico che sfreccia sotto di me a un'altezza di 70 metri circa. È veramente buffo pensare quante persone al mondo ignorano l'esistenza di persone come me. Comincio a ridere da solo, forse ha ragione Alice, sto diventando pazzo. Quella donna mi riesce a leggere dentro, non mi stupirei se avesse ragione anche stavolta. È così bella, tanto da uccidermi solo a guardarla. Senza di lei probabilmente non sarei nulla, anche se effettivamente anche adesso non sono molto. Vivo in un appartamento spoglio, lavoro 12 ore al giorno e faccio pure fatica ad arrivare fine mese. I turni di notte all'aeroporto poi mi massacrano, con tutto quel rumore che ci dobbiamo sopportare sulla pista. Saranno giorni che non dormo più bene, con questo costante mal di testa. Però l'altra notte ho volato, cristo. Ho volato sul serio. Il mio collega beduino non mi crede, dice che bevo troppo e che sono esaurito. Esaurito io? Ma per piacere, tutta invidia. Ero nel magazzino dell'aeroporto e sono riuscito a volare fino in cima alle casse. Cazzo ragazzi, una figata immane. Neanche Alice mi ha creduto, ma che mi importa. Io sono l'evoluzione e tutti gli altri sono solo scarafaggi. L'ho raccontato anche a quello stupido di mio fratello, ma ovviamente l'unica cosa che mi ha detto è che mi devo fare curare. Lui che ha la vita che io desideravo, e che per tutta la vita mi ha rinfacciato di essere un perdente. Glielo farò vedere io chi è il perdente. Solo perché lui ha una moglie e due marmocchi, non vuol dire che sia meglio di me. Poi non ci credo che con quel pezzo di carta della Stanford sia riuscito a diventare un genio dell'informatica, è solo un raccomandato del cazzo ecco che cos'è. Un raccomandato del cazzo con la mia stessa faccia. Ma non importa, da stanotte tutto cambia. Riguardo giù. Porcatroia è veramente alto. Un bel tuffo con stile mi faccio altroché. Butto giù la bottiglia vuota e la vedo scomparire nel vuoto, poi guardo in alto verso le stelle e la luna. Devo arrivare lassù, voglio toccare quelle fottute stelle. Non sarò mai più uno sfigato, mai più. Respiro a fondo.. Sento il mio cuore pulsare... Ora o mai più. Stanotte volerò, e domani il mondo saprà di cosa sono capace.


"Tom! Tom! Svegliati, cristo svegliati!" Mi sveglio di soprassalto tutto sudato. Che incubo cavolo. La sensazione di vuoto, i brividi del freddo. Va be ormai è passato "Alice  scusa è stato un incubo, sai è stato assurdo perché ho sognato Alan, se non fosse che è mio gemello non si capirebbe che siamo fratelli siamo così diversi, quello stupido sta buttando via la sua vita con quell'alcool, lo sogno pure alla notte! pensa che..." Guardo mia moglie e noto che ha il volto rigato di lacrime con il telefono in mano: a quanto pare non sono stato io con il mio incubo a svegliarla, ma chi diavolo chiama nel cuore della notte? "amore che succede? Perché piangi? Chi è?" La vedo abbassare le sguardo verso il basso, non smetteva di singhiozzare, e mi passa la cornetta "pronto? Chi parla?" "Lei è il signor Tommaso Bianchi? Sono sergente Righi della polizia di Milano, la volevo informare che suo fratello è  stato trovato morto mezz'ora fa, si è buttato da un'altezza di circa 70 metri. Non lo sappiamo con certezza, ma sembra si tratti di suicidio. Dagli esami del sangue sembra che ci sia stato dell'alcool in circolo e anche una massiccia dose di stupefacenti. Le faccio le mie condoglianze...".

Il falegname e la regina

"Ma che due palle donna! Stammi su da dosso per piacere sono stanco va bene?" E dopo questa frase detta con quella voce stanca da 12 ore di lavoro ininterrotto, andò nella propria stanza. Aveva ormai troppi anni per essere considerato un adulto, ma le nipotine adorate lo consideravano un "nonno giovane". Non che non lo fosse, per carità, ma di questi tempi non vuol dire che se lavori fino a 68 anni sei ancora giovane: il male alla schiena si fa sentire, i capelli ormai grigi da anni stanno diventando bianchi e le occhiaie sotto occhi, che in gioventù erano vispi, erano profonde. Mentre si sdraiava sul letto davanti alla tv pensava alla fatica che fecero i suoi genitori nei tempi passati: certo loro avevano una vita dura in campagna, ma suo padre già a 50 anni si era preso la sua pensione e il suo meritato riposo per il resto dei suoi giorni. Di questi tempi era impossibile, probabilmente ci poteva andare in pensione ma con una miseria, almeno se lavorava qualche altro anno finché ce la faceva avrebbe garantito a sua moglie un po' più di tranquillità e nell'occorrenza avrebbe aiutato a fare la casa alla figlia. Non era un uomo che parlava tanto, e probabilmente non era neanche capace di dimostrare tanto affetto, ma sua figlia era la cosa più bella che lui abbia mai fatto: forse l'aveva viziata, come aveva fatto con la moglie d'altra parte, ma sapeva che era colpa delle sue mancanze. Non ha mai passato tanto tempo con lei, non sapeva magari come prenderla per colpa del suo carattere un po' da orso, invece che magari portarla al parco a giocare la portava allo stadio, e invece che prenderle le bambole la portava a giocare a bocce nel bar sotto casa. Ma non le faceva mancare mai nulla, e ogni volta che la sua principessa arrivava con quei occhi da 'papà, ti prego...' ecco che in silenzio spuntava il vestito nuovo, la borsetta che voleva e il profumo di tendenza. È stato molto assente per colpa del lavoro, ma sapeva che la sua piccola non era sola. Infatti quando venne al mondo sapeva che con il suo lavoro poteva permettere a sua moglie di stare a casa e stare sempre con lei. Che sia stato sbagliato o meno, lui sul momento pensava che fosse il regalo più grande da fare alla donna che ha messo al mondo il suo gioiello più prezioso. Anche se ora avrebbe preferito starsene per conto suo, lei aveva un carattere difficile e pedante e invecchiando entrambi stavano diventando incompatibili lui con il suo nervoso costante, lei con pressante e pesante: "oggi come mai sei in ritardo? La cena è pronta da un pò." "Ezio per cortesia quante volte ti ho detto di togliere le scarpe da lavoro prima di entrare in casa? Sai che ho pulito tutt'oggi?" "Senti ma hai chiamato per il giardiniere? Mica possiamo avere un giardino così incolto, non possiamo farci ridere dietro da chiunque". E così litigavano tutti i giorni, a volte non si rivolgevano la parola per tutto il giorno, a volte facevano pace con una partita di burraco. E così via. Sospirò e accese la tv.

Sapeva di avere un po' esagerato stavolta, ma d'altra parte era l'ennesima volta. Tutte le sere che esce al bar ed è sempre di buon umore, ma quando si trattava di stare con lei era sempre nervoso e alzava la voce. Ora era andato in camera come suo solito in posizione orizzontale a guardare il Tg. Manco un complimento su quello che ho cucinato, neanche un 'grazie' per avergli sistemato tutte le sue camice da lavoro, neanche un abbraccio per aver ancora una volta pensato a preparagli lo zaino per la gita con i suoi amici del circolo. Ma che era una domestica o sua moglie? E poi si arrabbiava lui. Ma pensa che non faccia un cavolo tutto il giorno? Stirare, lavare, rassettare, chiamare per le visite mediche, pensare a sistemare la sua attrezzatura da lavoro, cucinare, prendere le nipoti da scuola... e il tutto tutti i giorni. Lui torna a casa servito e riverito, e questo era il risultato. Non lo capiva. Non aveva chiesto lei di fare la casalinga e la madre a tempo pieno, non era proprio il tipo. Dopo aver lavato i piatti è sistemato la cucina di mise a sedere difronte a un bicchiere pieno di caffè d'orzo e cominciò a pensare: suo padre era stato molto rigido e lei all'epoca era molto orgogliosa e, piuttosto che chiedere i soldi a lui, aveva imparato a 14 anni a fare la camiciaia. Non che rendesse molto, ma le permetteva di prendere le sue cosine senza dover chiedere nulla a nessuno. Poi arrivò Ezio nella sua vita, e la sua indipendenza come il suo orgoglio andarono a farsi benedire. Non che si lamentasse, ma le mancava avere uno scopo nella vita oltre che a fare da cameriera all'uomo che era sempre stanco per stare con lei e mai per uscire con gli amici. Dopo che Mara si è sposata, si sentiva sola.
Era contenta che la sua 'bambina' era riuscita a sistemarsi e che le abbia dato due splendide nipoti, ma ora la casa era già da qualche anno che era vuota. E questa cosa pesava, così aveva cominciato una marea di hobby: ricamo, pilates, cucina, perline, decupage. Insomma un po' di tutto, aveva anche imparato a 65 anni ad usare il computer. A proposito, sapeva che Mara le aveva messo delle foto delle bimbe su Facebook, forse era il caso di controllare. Sempre se si ricordava come si faceva. Si alzò e di spostò in sala con il suo bicchiere di caffè e accese il computer, mentre caricava cercò i suoi occhiali che ormai era da 25 anni che li doveva portare. E odiava la cosa, perché non le piacevano. Li trovò in bagno vicino allo specchio, e riflettendo di pensò che gli anni erano passati anche per lei: nonostante la tinta castana, le rughe diventavano sempre più profonde e i suoi occhi che una volta erano verde smeraldo, adesso erano più slavati e consumati. La sua  bellezza della gioventù se ne era andata con gli anni che passavano, come anche la sua vista e il suo buon umore. Tornò in sala e apri il browser come le era stato insegnato da Mara e vide una foto inaspettata: c'erano lei e Ezio abbracciati, era una foto vecchissima alla stazione centrale negli anni 60. Le venne quasi da piangere, e si ricordò che era una delle foto preferite del marito. Decise che doveva dargliela, può darsi che con il trasloco Mara si era presa l'originale, ma ha pensato almeno di farla avere tramite internet. Allora questo coso ogni tanto è utile sul serio, pensò mentre cercava il cavo per la stampante. Dopo quei 40 minuti di smanettamento (di solito ci pensava Ezio a collegargliela, ma non voleva di certo dargli quella soddisfazione) riuscì a stampare la foto. Sembrava appena fatta. Prese il foglio e si diresse in camera.

"Guarda un po' tua figlia cosa ha pubblicato su quella diavoleria di Facebook. Te la ricordi?" Si girò verso sua moglie e la vide sulla soglia con un foglio in bianco e nero in mano. Non ci vedeva niente, aveva bisogno degli occhiali. "Sonia prendimi gli occhiali va là, non vedo niente" sua moglie alzò gli occhi al cielo e li prese dal comò e glieli porse, lasciando anche l'immagine sul letto. Passarono qualche minuto in religioso silenzio, e Ezio disse "si certo che me la ricordo: ero appena tornato dai militari, e mi sei venuta a prendere alla stazione. È stato il giorno che ti chiesi di sposarmi... Questa foto l'originale dov'è?" Chiese, cercando di nascondere le emozioni che risalivano in superficie. "L'ha presa Mara probabilmente per sbaglio durante il trasloco, se vuoi gliela chiediamo." E lui si appoggiò alla testata del letto guardando in avanti "no no tranquilla lasciagliela, pure." Sonia sospirò e si mise difianco al marito sul letto, in silenzio. Dopo un po' che guardavano il vuoto gli disse "penso sia stato il giorno più bello della mia vita" Ezio guardandola le rispose stupito "pensavo fosse il giorno che è nata Mara..." "Lei è nata grazie a quel giorno... Te lo ricordi come ci siamo conosciuti?" Lui la abbracciò e le disse con tono scherzoso "certo che vuoi che non mi ricordi come ho conosciuto quell'arpia di mia moglie? La prima volta che ti ho vista è quando da ragazzo facevo ancora l'apprendista da falegname e ero venuto a casa dei tuoi a mettere a posto il tavolo in sala. Mentre satavo lavorando eri scesa dalle scale che stavi per uscire: avevi un vestito bianco con tanti fiori blu bellissimo. Sapevo già chi eri, tutti i giovani del paese ti venivano dietro... " e lei rise " già tienitelo bene a mente, che l'arpia qua era la più bella in assoluto" e lui riprese "si eri anche però una che se la tirava parecchio e intimidivi chiunque. I ragazzi campagnoli come me te li mangiavi a colazione!" "E dai non ero così cattiva, e poi se non ricordo male tu nonostante tutto ti sei fatto avanti." "Si, ma perché sono stato furbo, modestamente. E poi non ero male neanche io...." E lei rise di nuovo " ma dai eri pelle e ossa! Sempre con quel gilet che non si poteva vedere" "donna che cavolo avevi contro il mio gilet!? Era bellissimo uffa... Sono un uomo incompreso...." Si misero a ridere e poi si guardarono con quell'amore che non si può descrivere a parole. Lui parlò per primo "Senti ma, che ne dici se andiamo via io e te questo weekend? Immagino che sei stanca di stare sempre in casa, potremmo andare in trentino magari... Là so che ti piace." Lei rimase stupita " Ma devi andare a pescare con i tuoi amici questo weekend, ti ho anche preparato la roba." "Be non moriranno mica se manco per una volta, voglio stare un po' con mia moglie che mi sa che a parte qualche attacco di sclero, l'ho trascurata un po'... E sai che io mantengo sempre la parola data" "scusa quale?" "Se ti ricordi quel giorno ti dissi: non posso essere magari il principe azzurro che tu sogni, ma so che ogni giorno cercherei di farti felice e di trattarti come una regina merita." Con le lacrime agli occhi lo baciò e gli disse "non sarai un principe, ma la regina qui accetta di venire in cima ai monti con te." e passarono tutta la sera vicini, stretti l'uno all'eltro scordandosi i propri crucci e i propri problemi, lasciandoli fuori dalle loro vite per un pò. non esistevano più un uomo consumato dal lavoro e una casalinga frustrata, c'erano solo un falegname e una regina.

giovedì 6 febbraio 2014

A volte non basta



''Perché ci siamo lasciati?'' la guardai negli occhi: era bella come allora, con un sorriso dolce e un'espressione malinconica.
''Perché anche se eravamo uguali e fatti l'uno per l'altra, avevamo prospettive di vita differenti. I nostri obbiettivi e desideri non combaciavano, eravamo costretti lasciarci andare.'' Alla sua risposta sentii cuore in gola. E' vero, era tutto vero: io l'amavo più di me stesso, era forse la donna con cui avrei passato il resto dei miei giorni, la donna per cui avrei sacrificato la mia libertà, la mia indipendenza, per cui avrei cambiato una parte di me. Ma non lo feci. Sospirai ''Sono stato uno stupido a pensare che sarei riuscito a vivere senza di te. Non mi sono goduto niente di quello che ho realizzato nella mia vita.'' Lei non mi disse niente, mi guardò e si avvicinò a me: quando mi avvolse con le sue braccia sentii il profumo di vaniglia dei suoi lunghi capelli, in tanti anni è rimasto sempre lo stesso. Avevo 30 anni quando la conobbi, ero un uomo fatto e finito, scapestrato, con uno spirito ribelle che mi faceva apparire scontroso e irascibile. All'epoca avevo perso fiducia nell'universo femminile, tutte, bene o male, mi deludevano e mano mano che una donna entrava nella mia vita, quando ne usciva lo faceva portandosi via una parte di me. Io non volevo questo, non era giusto: io esistevo solo per me e dovevo rendere conto solo a me stesso. Non avrei permesso a nessuno di entrare oltre a quella barriera creata per difendermi e per difendere ciò che avevo di più prezioso, quello che sono realmente. Ma poi accadde. Mai e poi mai avrei immaginato che sarebbe successo con l'unica ragazza che ritenevo non adeguata. Era poco più giovane di me, bella quanto velenosa, con ferite nell'animo profonde quanto le mie. Ci siamo conosciuti tramite amici comuni, non ci potevamo vedere, ne sopportare. Poi, non so ancora come, ha abbattuto quella barriera che con tanta fatica avevo costruito. Si è presa ciò che era mio come altre prima di lei, ma stavolta non solo una parte, ma tutta l’anima: io che avevo giurato a me stesso che non sarebbe più successo non solo la lasciai fare, ma non opposi neanche resistenza. Volevo che se la prendesse, mi faceva stare bene. Per 10 anni ci siamo amati, con alti e bassi, felici come non lo siamo mai stati: ognuno aveva la propria strada, la propria vita lavorativa, i propri passatempi... ma alla sera quando tornavamo a casa, diventavamo una cosa sola. Finché non arrivò il giorno che avrebbe cambiato per sempre la nostra vita. ''Tesoro c'è una cosa che voglio dirti, aspetto un bambino'' Quando me lo disse sentii una stretta allo stomaco. Sapevo che lei lo desiderava da sempre, e sapevo che prima o poi qual momento sarebbe arrivato. ''Hai intenzione di tenerlo?'' le chiesi. Un secondo dopo mi sentii come se la temperatura della stanza fosse finita sotto lo zero: l'avevo ferita, quella domanda fu la mia rovina. La nostra rovina ''Che domande sono? Certo che voglio tenerlo! Ci amiamo da tanto tempo, che cosa ci sarebbe di tanto sbagliato?'' mi ricordo ancora il suo sguardo sconvolto e pieno di frustrazione. Non riuscivo a sostenerlo, guardai in basso. Non risposi: sapevo che aveva bisogno di conferme, ma non riuscivo a dargliele.

Sentivo il panico che mi assaliva, dovevo prima salvare me stesso, poi mi sarei chiarito con lei. Uscii di casa e la lasciai da sola, quando tornai mi resi conto che il nostro rapporto era cambiato. Passammo un mese di litigi, silenzi e notti insonni; finché dallo stress lei perse il bambino. Mi sentii in colpa: in fondo l'amavo perché non potevo amare anche il nostro bambino? Le ho reso la vita impossibile? E' stata colpa mia o era destino? La notte dell'aborto la passai a consolarla e mentre lei sfogava le sue lacrime, la stringevo forte. Le mie paure ancora una volta avevano preso il sopravvento.
Passarono i giorni e pian piano pareva essere tornata la stessa, ma aveva gli occhi spenti. Lei desiderava una famiglia ma per amor mio, avrebbe dovuto rinunciare al suo sogno più grande.

 Non potevo accettarlo, non sarei riuscito a convivere con me stesso. Ma d'altra parte io non potevo farla felice, avevo bisogno della mia individualità e della mia indipendenza: un bambino avrebbe significato una catena indistruttibile, mi avrebbe intrappolato.
Avevo bisogno di lei, l'amavo. Ma sapevo anche che senza i miei spazi e la mia libertà non sarei stato più lo stesso. Dovevo fare una scelta, non potevo legarla a me e renderla infelice per un mio limite, e quando la feci col senno di poi capii che era la scelta sbagliata.

''Tuo figlio come sta ora?'' le chiesi sempre col magone di chi ha troppi rimpianti. Sempre abbracciata a me disse ‘' Sta bene, a momenti dovrebbe sposarsi. Mi sarebbe piaciuto accompagnarlo all'altare, è uguale a me sai. Invece la bimba, è più come suo padre.'' La 'bimba', come la chiamava lei, ora ha 28 anni ed diventata una giovane dottoressa. Sentire la parola ‘padre’ riferendosi ad un altro uomo, mi fece ancora più male. Un anno dopo esserci lasciati conobbe un altro uomo e in breve si rifece una vita. Non che mi aspettassi diversamente, anzi ci speravo che incontrasse qualcuno che l'amasse come l'ho amata io, se non di più. Ma quando seppi del suo matrimonio mi sentii mancare l'aria: era un brav'uomo, suo coetaneo e buono come il pane. Non avrei potuto sperare di meglio, ma non ero io.  Mi domandai come sarebbe stato se io mi fossi comportato diversamente. Saremmo stati felici? O io con le mie paure avrei peggiorato solo le cose? ''Pensi che io abbia rovinato tutto tra di noi?'' dissi dando voce ai miei pensieri.  Si staccò da me e mi guardò:  ''No, hai fatto ciò che sentivi. E' stato giusto così, probabilmente ci saremmo distrutti a vicenda. L'amore, a volte, non basta.''

Sentii un suono gioioso di campane. ''Guarda, stanno per cominciare!'' e mi indicò davanti a me. Le nuvole si fecero da parte e vidi un giovane che aspettava all'altare: aveva i lineamenti dell'unica donna che ho amato in vita mia. Il ragazzo sulla trentina, con un po’ di nervosismo, incrociò lo sguardo di una giovane donna col volto sorridente, di fianco a lei stava un uomo sulla settantina, che guarda i suoi due figli orgoglioso e commosso ''Se vostra madre fosse qui, sarebbe la donna più felice della terra ''. La ragazza si girò verso il padre e la sentii dire ''Non ti preoccupare papà, ci guarderà da lassù.'' poi un suono di violini e la cerimonia cominciò.
Mi voltai e la guardai, stava piangendo di gioia: ''Sono già grandi ormai, non hanno più bisogno di me'' mi disse. ''Io invece ne ho ancora bisogno '' la baciai e in quel momento capii che infondo l'eternità insieme, mi poteva bastare.

giovedì 30 gennaio 2014

La paura più bella

Stanotte ti ho trovata
ti vedo mentre sorridi
con le luci che ti illuminano il volto
che ti fanno risplendere.

Per te potrei essere nessuno,
solo un folle...
Un lupo solitario
Ma più ti guardo, più ti voglio.

Mi avvicino a te e mentre lo faccio,
sento il battito del tuo cuore
prezioso come pioggia di diamanti

Ti amo già, ma non lo ammetterò mai.

So che quando arriverà l'alba
quando la notte diventerà giorno
e il freddo ci avvolgerà,
mi lascerai qui da solo.

Stanotte vivo nella paura,
la paura di non rivederti più.

Tu mi guardi con quei occhi,
occhi di un angelo.
Godiamoci questa notte.
Godiamoci ogni istante,
fino a che il fuoco della nostra passione
non ci ha completamente consumato.

Vivremo questo momento come deve essere vissuto.
Come se fosse destino.
E' già stato scritto.

Siamo gli unici che possono vivere questa notte
e questa paura di perdere l'un l'altro
ci unirà ancora di più, anche se per poco.

Quel poco basterà,
mi basterà, per farti cambiare idea.
Voglio che rimani, devi rimanere.

Tu hai paura di me
Di ciò che provi
e anche io ne ho
Ne ho veramente tanta.

Ma non voglio che tutto svanisca in una notte,
evanescente come un sogno
troppo bello da raggiungere
troppo perfetto per essere reale.

Prendi la mia mano
Prendi la mia anima
Prendi il mio amore

Siamo stati creati per amare
e io so che lo puoi fare.

So che la paura di soffrire ti tappa le ali:
ti senti fragile
indifesa
un nervo scoperto...
Credimi lo so.
Sono come te, anche io ho paura.
Ma perderti è una paura più grande.

Prendi la mia mano
e avrai coraggio...
avremo coraggio...
il coraggio di volare.
E questa notte voleremo.
Voleremo insieme.




giovedì 23 gennaio 2014

31 ottobre 2012

Stavo pensando a noi un anno fa. Ero a pezzi. Tu avevi scelto lei quando sapevi benissimo che era me che dovevi scegliere. Ti avevo avvertito che c'era una sola possibilità tra noi due, che stare così male due volte non ero disposta a farlo. Pensavo non mi avessi scelta perchè lei era meglio di me... infondo c'eri stato tanto tempo, la conoscevi .. i suoi occhi, la sua risata, il suo corpo... meglio di chiunque altro. Era l'appoggio sicuro, il tipico pub sotto casa: comodo, vicino, senza tanta fatica per raggiungerlo. Ma poi ho capito, io ero troppo difficile da raggiungere. Io ero una scoperta che ti avrebbe sconvolto la vita, già lo sapevi, e la cosa ti faceva paura. Sapevi che lei non ti sarebbe entrata nel sangue come facevo io, sapevi che lei non ti avrebbe travolto di emozioni grandi come ho fatto io, lei non è mai stata una minaccia per il tuo controllo. Io si, lo sono stata. Mi ero dimenticata che se tu non hai tutto sottocontrollo, potresti essere più debole di chiunque altro. Io ero una minaccia per il tuo cuore, avevi paura che me lo sarei preso e lo avrei fatto mio per sempre per poi gettarlo via quando non mi sarebbe piu servito. Ma dimmi, ora che mi hai mandato via, come convivi con te stesso? In questo anno passato senza di me so che hai fatto cose assurde, so che ti sei lasciato andare, so che per mesi mi hai cercato e quando mi hai trovato la sola cosa che hai detto è stata 'mi dispiace'. No, non hai capito. Dispiace a me. Mi dispiace per te. Avevo tanto di quell'amore da darti che avrei curato le tue cicatrici che ormai da anni ti affliggono. Sarei stata la donna dei tuoi sogni, e questo lo sai. Tu stesso mi dicevi 'con te mi sento libero... mi sento me stesso' dopo aver fatto l'amore e , nonostante il mondo fuori fosse crudele con entrambi, mi sorridevi come l'uomo più felice della terra. Io ti ho liberato. Nessun'altra l'ha fatto. Io ho lottato per fare in modo che tu stessi bene, e guarda tu ora dove sei.... al punto di prima se non più a fondo. Mi fa male vederti così credimi. Ma non posso affondare con te, non più... Un anno fa lo avrei fatto, ma ora che ho imparato che il mio amore è prezioso, lo terrò per me... finchè non incontrerò una persona degna di averlo. 

mercoledì 22 gennaio 2014

Amore e psiche

Un tempo si credeva ai miti e alle leggende, storie create per spiegare ciò che era al di sopra della comprensione dell'uomo. Come ad esempio il piacere, il desiderio... L'estasi. Secondo gli antichi greci nacque da una storia romantica, che fu fonte d'ispirazione di infiniti artisti e poeti. Tutto cominciò con una donna bellissima, tanto che veniva spesso paragonata a Venere (dea della bellezza): si chiamava Psiche. Questa bellezza non solo la faceva sentire sola, ma la mise nei guai perché Venere si sentì offesa da tale paragone e, invidiosa, mandò suo figlio a punirla: Eros (dio dell'amore) doveva colpire con le sue frecce l'uomo più brutto che esistesse sulla faccia della terra, in modo tale che lei si innamorasse di questo mostro. Ma colpo di scena signori, la nostra storia prende una piega differente.. Dinfatti Eros accidentalmente fece cadere la freccia sul suo piede e fu lui stesso vittima di quell'incantesimo. Che fare? Decise che non poteva farle sapere chi era, dunque la loro storia cominciò col segreto: si sarebbero incontrati e uniti ogni notte al buio, lei avrebbe ottenuto tutto quello che voleva ma non poteva vedere chi egli era. Per un periodo Psiche fu contenta aveva passione, amore e felicità. Ma le sue sorelle, maligne e gelose, le insinuarono sentimenti che le turbarono la serenità... come il dubbio. E così sfidò il fato e disubbidì a Cupido: la notte stessa, quando Eros si addormentò, accese una candela per vedere il suo misterioso amante e vide che il dio era stupendo oltre ogni limite. Ma distratta da tanta bellezza non si accorse della cera che colava, e una goccia cadde sulla spalla dell'addormentato. Si svegliò e, dopo essersi reso conto che ella aveva infranto la promessa, infuriato se ne andò.. Lasciandola sola. Psiche più passava il tempo in solitudine più rimpiangeva l'errore commesso..cominciò a girare il mondo per trovarlo e, mentre vagava alla ricerca del suo amato si ritrovò al tempio di colei che aveva iniziato tutta la storia per un capriccio: Venere. Psiche arrivata al punto di fare qualsiasi cosa pur di riaverlo le chiese la sua grazia, supplicandola di aiutarla. Allora Venere,sadica e orgogliosa più che mai, acconsentì ma in cambio ella doveva superare delle prove che più di una volta l'avrebbero messa in pericolo. Pur di riparare il torto che aveva inferto a Eros, accettò. Dopo averle superate, Venere le diede un ultima prova impossibile: entrare negli inferi e chiedere a Persefone di donarle un po' della sua bellezza, da donare alla dea. Lo fece ma la sua curiosità la portò ancora una volta guai e, una volta aperto il contenitore dove doveva esserci quello che Venere aveva richiesto, fu invece colpita da un sonno profondo che eguagliava la morte. Venere soddisfatta ne parlò con suo figlio e Eros, che amava ancora Psiche, decise che l'avrebbe risvegliata e che il loro amore sarebbe continuato alla luce del sole. Fu così che i due si unirono e da lì nacque una figlia: Piacere. Da allora dove c'era psiche c'era amore e dove c'era amore c'era psiche, e solo loro due uniti avrebbero donato il pacere...il desiderio... e l'estasi.

Mettersi alla prova

Sono una ragazza come tante. Qua in italia la mia fisionomia è abbastanza comune: capelli castani, occhi castani, pelle bianca, corpo normale. Insipida. Si potrei definirmi abbastanza insipida. Ecco una cosa particolare forse ce l'ho: mi piace tanto leggere e mi piace tanto scrivere. Ho molta fantasia, forse troppa. A 23 anni in teoria non dovresti stare nel mondo dei sogni, dovresti pensare magari che ne sò... ai vestiti.. le scarpe.. i gioelli.. i trucchi... borse... No. Io no. Cioè si ci penso, ma in tal caso con questi argomenti mi spunta un mega punto interrogativo stile fumetto. Tipo presente quelle situazioni imbarazzanti dove uno dice una cosa e l'altro non ha la piu pallida idea di cosa tu stia dicendo e ti guarda come se avessi un enorme brufolo sulla fronte? Ecco più o meno cosi. Io mi ritengo di un altro pianeta in questo caso, non che non mi piacciano per carità. Semplicemente quando distribuivano il buon gusto e il tocco femminile, io ero a fare la fila per le tette. Non che non servano anche quelle, ma sicuramente avrei fatto a cambio con una taglia o due in meno per avere un minimo di femminilità in più. Gli accessori, vestiti, scarpe....  Non so cosa c'entrino loro con me. Mi piacerebbe saper indossarli o saper quanto meno come funzionano, sul serio. Ma va oltre le mie capacità, e quando dico oltre intendo molto oltre. Le ho provate tutte: imitare lo stile delle amiche, assistere ai corsi di make up, guardare dei tutorial su youtube, riviste di moda... tutte le ho provate. Ci credete che non so ancora abbinare un paio di scarpe a un vestito? Non ce la posso propio fare. Tuta\jeans e scarpe sportive e risolto il problema.
Comunque ritorniamo al discorso principale: mi piace leggere e scrivere. La passione della lettura ce l'ho da sempre penso, fin da bambina mia mamma mi invogliava a leggere iniziando i racconti con me e interrompendo sul più bello, così facendo la curiosità vinceva e andavo avanti da sola. Poi sai una storia tira l'altra, i racconti da 50 pagine diventano tomi da 500 pagine, e ti fai l'abbonamento alla feltrinelli. La passione per la scrittura è nata dopo: avevo circa 11 anni e mentre tutti gli altri bambini navigavano con la fantasia su cosa essere da grandi o che supereroe essere, io mi ero già creta un mondo parallelo nella mia testa. Quando ci sono cose brutte o cose che fai fatica ad affrontare, ognuno di noi ha un angolino segreto in cui rifugiarsi dove trovi sogni e desideri che ti coccolano. Per me è diverso: immaginate il vostro rifugio e sono sicura che sarà una casa piccola accogliente magari in mezzo ai boschi o in riva al mare che vi tiene lontano da tutti e dai guai. Ecco invece per immaginare il mio dovreste pensare a un mega attico in cima a un grattacielo in una metropoli trafficata. Questo per dirvi che non ero in ritiro ogni tanto quando volevo staccare la spina, ma ci vivevo proprio. Ero in un periodo particolare della mia vita e per affrontare il mondo avevo bisogno di portare un qualcosa di tangibile dal mio. Le mie fantasie e le mie avventure, andavano trasformate in qualcosa di concreto. All'inizio pensavo al disegno, ma non avevo gli strumenti per farli uguali a come li avevo in testa e dato che avevo un bisogno impellente di creare, ho dato una possibilità alle parole. Cosi ho cominciato a scrivere storie, racconti, piccoli saggi.... e aveva funzionato. Stavo meglio. Non ho mai fatto scuole o corsi di scrittura, la mia scuola erano Licia Troisi e la Rowling, quindi sicuramente non scriverò in maniera perfetta. Ma oggi ho deciso che è ora di mettermi alla prova (con uno pseudonimo e con il mondo del web in mano) e trascriverò qui  ciò che ho visto e che non ho visto, ciò che creo e che è stato creato, ciò che immagino e ciò che deve essere ancora immaginato. Quello che penso ma non dico.... Lo scrivo.